Su istruzione dell’Azienda
Il 24 gennaio u.s. un amico giornalista, Franco Guarino, mi ha invitato ad accompagnarlo ad Acquasparta per assistere al convegno di ARTICOLO 21 dedicato alla “libertà dell’informazione”, ho esitato, poi mi sono detto “perché no, sarà certamente interessante, e poi Acquasparta non è poi così lontano da Assisi”. Ho fatto bene, il Convegno di ARTICOLO 21 è stato molto interessante. Molti i giornalisti presenti. Ne conosco alcuni personalmente. Uomini e donne di buona fede, competenti, attenti professionisti dell’Informazione, tutti certamente con una grande voglia di libertà di informare, se non ci fosse questa santa necessità di dover sempre seguire le “istruzioni dell’Azienda”.
Ascoltavo gli interventi: gente della RAI, di reti private, della stampa, di Associazioni. Tutti a sognare un’informazione libera, aperta, svincolata dagli interdetti, affrancata dai voti di obbedienza all’Azienda. Alcuni mi hanno persino fatto tenerezza, perché erano sinceri, autentici, ma apparivano soffocati dalle restrizioni e dai divieti: questo si può dire, ma non così; di questo è meglio non parlarne; questo non è rilevante; questo nome è meglio non farlo, e così via.
Capirai, Giuseppe, che nel contesto di questi interventi mi sono ritornati in mente alcuni fatti, di quando pubblicavo libri sulla situazione della popolazione sotto embargo in Iraq, sulla povera gente sotto le bombe, vittima della contaminazione da uranio impoverito. Quando denunciavo in varie conferenze e interventi televisivi la verità su quando accadeva realmente in Iraq. Non relazioni prese da Internet, ma vissute personalmente sul terreno in Iraq, parlando con la gente, da nord a sud del Paese, discutendo con responsabili religiosi Cristiani, Musulmani, Curdi, incontrando medici negli ospedali, il ministro della Sanità, intrattenendomi con Tareq Aziz.
Quando riferivo durante trasmissioni televisive sulla realtà obiettiva della situazione della popolazione in Iraq, nessuno mi ha contestato. Ho pubblicato tre libri in Italia, Francia e Svizzera, realizzato due documentari (e altre 200 ore di riprese sull’Iraq dal 1998 al 2003), ho violato l’embargo in aereo con Vittorio Sgarbi, sono stato convocato dalla Camera dei deputati dalla Commissione Affari Esteri (luglio 1999), invitato anche ad intervenire al Parlamento inglese (House of Commons) e non ho mai ricevuto una email, una lettera, una telefonata che contestava quello che avevo detto, scritto o testimoniato. Perché dicevo la verità, nella libertà che mi è stata conferita con il sacerdozio.
Ti sorprendo quando dico che non mi ha contestato nessuno? Invece è così, non mi contestavano a “Porta a porta”, le risposte che mi sentivo dire erano “Lei è anti-americano. Lei è pro-Saddam”. Anche Marco Panella durante una trasmissione disse “Tu sei il Vicario di Saddam Hussein”- Queste battute (poco felici) non erano contestare quello che dicevo, perché non rispondevano in merito alle mie affermazioni sull’embargo o l’uranio impoverito. Erano espressioni di chi non aveva argomentazioni, di chi non era informato, di chi non poteva dimostrare il contrario di quello che dicevo, di chi non voleva sapere la verità, di chi prestava servizio alla Nomenclatura al potere.
La libertà dell’informazione, come sai, passa per la Verità dell’informazione. Perché è la Verità che rende liberi, secondo le parole del Maestro.
Però, quale verità? Quando i Media riportavano montagne di menzogne ripetute ogni giorno, ad esempio sulle inesistenti armi di sterminio di Saddam Hussein, o sull’uranio della Niger, falsi documenti fabbricati dai Servizi? Manipolare l’opinione pubblica non è essere libero, è essere schiavi della menzogna. Ho consacrato ore di conferenze pubbliche per chiarire la verità sulla questione irachena, per contestare le bugie dell’enorme macchina dell’inganno, della disinformazione, della manipolazione delle coscienze.
Invece a padre Benjamin che diceva la verità (e lo dimostrava con documenti e filmati), per due volte nel febbraio 2003, è stata cancellata la partecipazione a una trasmissione e un dibattito sulla RAI. Una volta (era per una trasmissione su RAIDUE “Dodicesimo round”, stavo arrivando allo studio Rai in macchina quando mi chiama il produttore, con grande imbarazzo, per dirmi che la mia partecipazione era stata cancellata. Insistendo io per saperne di più, mi rispose “non è stata cancellata da noi padre, ma su istruzione dell’Azienda”. Democratie oblige!
Il 12 febbraio 2003 l’ex Vice primo ministro dell’Iraq, Tareq Aziz, con il suo arrivo a Roma era stato invitato a partecipare la stessa sera a “Porta a porta”. Lo stavo aspettando a Fiumicino quando mi chiama il produttore della trasmissione di Bruno Vespa. Stupore! Mi sento dire “Ci dispiace padre ma Tareq Aziz non può partecipare alla nostra trasmissione, ma Lei può venire al posto suo”. Anche qui insistendo per saperne di più, mi sento dire “La partecipazione del ministro non è stata cancellata da me o da Bruno Vespa, ma Tareq Aziz non è autorizzato a mettere i piedi nei studio della RAI, su istruzione dell’Azienda”. Aggiungendo “mi raccomando padre di essere discreti con la stampa sulla questione, per evitare inutili polemiche”.
Et voilà! Caro Giuseppe, dietro la maschera della Democrazia si nascondeva già il diavoletto della dittatura.
Un visto per Baghdad
Si seguivano a ritmo sostenuto gli interventi. Tutti ascoltavano molto attentamente. La sala del convegno era piena. Ogni tanto il mio sguardo passeggiava sui partecipanti. Alcuni dei giornalisti presenti mi conoscevano. Soprattutto quelli che mi avevano contattato (tra il 1999 e 2003) perché avevano difficoltà a ottenere un visto dell’Ambasciata dell’Iraq a Roma. Allora padre Benjamin faceva quanto poteva per aiutare. E l’ha sempre fatto, per tutti, e cioè in quattro anni per circa una ventina di giornalisti della stampa e della televisione. Meglio, chiedevano anche a padre Benjamin dei consigli, contatti, suggerimenti.
Quale fu il mio stupore quando un giorno del maggio 2004 due persone di fiducia vengono a riferirmi che alcuni giornalisti avevano diffuso la voce che padre Benjamin, per aiutare a procurarsi un visto, chiedeva dei soldi. Evidentemente non hanno voluto fare dei nomi. Non ho mai potuto verificare, ma ne sono veramente rimasto male, perché ho sempre fatto quello che potevo, cortesemente e in modo disinteressato.
Un processo in due anni
Non voglio essere abusivo della tua pazienza e del tuo tempo. Nel contesto di Verità e Informazione vorrei dimostrarti che alcune volte i processi si possono fare in due anni.
Nel marzo 2004 ero a Damasco, invitato ad intervenire nella Moschea Abu Nour, durante la preghiera del venerdì mattina. Intervento trasmessi anche dalla televisione di Stato. Io prediligo costruire il dialogo con i Musulmani sul terreno, a mezzo a loro.
Ricevo una telefonata da una Radio privata italiana che mi chiedeva se avessi letto un articolo di Magdi Allam pubblicato nel Corriere della Sera. Risposi negativamente, chiedendo di voler inviarmi via fax l’editoriale a Damasco. L’articolo riferiva che “a preoccupare le nostre forze di sicurezza, dopo l’assassinio dello sceicco Yassin non sarebbero solo le moschee, ma anche l’ampia rete di intesa ideologica e collaborazione fattiva che accomuna gli integralisti islamici a forze di estrema sinistra e di estrema destra in Italia”. Tra i nomi dei membri del Consiglio permanente dei “sedicenti Comitati per la resistenza del popolo iracheno” costituiti nella fine del 2003, era incluso anche il nome di padre Benjamin. Cioè, per Magdi Allam, padre Benjamin faceva parte di un’associazione di estremisti islamici.
In una lettera in data del 31 marzo 2003, invitavo il direttore del Corriere, Stefano Folli, ai sensi dell’art. 8 L.08/02/48 n. 47 a rettificare in testa di pagina e nella stessa che ha riportato la “notizia” di Magdi Allam, per ristabilire la verità, specificando che ero sempre un sacerdote della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana. Nessuna risposta alla mia lettera. Scrivi a sua volta il mio avvocato. Anche per lui nessuna risposta. Denuncia e processo.
Due anni dopo arriva la sentenza del Tribunale di Milano che condanna il Corriere della Sera a risarcire padre Benjamin per danni morali. Mi è stato anche notificato che potevo esigere la pubblicazione della sentenza sul Corriere della Sera. Rifiutai, per ragioni di etica, anche per non fare apparire la cosa come una sorta di “vendetta”. Oramai sono passati diversi anni e di fronte a questa grande voglia di libertà e verità che tira nell’aria, ho pensato appropriato riferirti quanto sopra.
Se Magdi Allam avesse seguito la deontologia del giornalismo, avrebbe evitato un processo al Corriere della Sera, chiamandomi prima di redigere il suo articolo.
“Oil for food”, il petrolio di Saddam
Caro Giuseppe, tu che sei un uomo sensibile ed integro, ecco una altra faccenda che non ti lascerà indifferente. Ne sono sicuro.
Dopo l’invasione americana dell’Iraq, in alcuni articoli pubblicati nella stampa, padre Benjamin è stato accusato di aver ricevuto “allocazioni di barili di petrolio” dal governo di Saddam Hussein. In verità, alla fine del 2001, quando Benjamin era stato informato di queste allocazioni, le aveva categoricamente rifiutato. Il 25 gennaio 2002 egli scrisse una lettera a Tareq Aziz per rifiutare ufficialmente l’offerta.
Nel gennaio 2005, Benjamin consegnava agli ispettori della Commissione delle Nazioni Unite la copia della lettera che aveva inviato a Tareq Aziz. Dopo un’inchiesta degli ispettori dell’ONU condotta a Baghdad presso il Ministero del petrolio e presso alcuni funzionari iracheni, il rapporto della Commissione conferma ciò che Benjamin aveva sempre dichiarato, cioè che egli non ha mai accettato le allocazioni di petrolio come anche qualsiasi sostegno economico da parte dell’Iraq.
Il 27 ottobre 2005, il Comitato Indipendente d’Inchiesta “Oil for Food” dell’ONU ha pubblicato il suo rapporto definitivo. Si può leggere alle pagine 100 e 101 del secondo volume del Rapporto dell’ONU la conclusione degli ispettori:
“Un funzionario iracheno che all’epoca era responsabile delle allocazioni, ha confermato che padre Benjamin non ha mai chiesto allocazioni di petrolio”
e più avanti:
“Nel gennaio 2002, quando un’allocazione sussidiaria gli era stata offerta per sostenere le “sue attività e progetti in favore del popolo iracheno”, padre Benjamin ha confermato ai funzionari della SOMO e al sig. Tareq Aziz, di persona e per iscritto, che non poteva accettare alcuna allocazione di petrolio. I registri del Ministero del petrolio confermano che, nonostante allocazioni per un totale di 5,5 milioni di barili siano state concesse a padre Benjamin tra la fase XI e XIII, alcuna allocazione è stata mai toccata”.
Vedi Giuseppe come alcuni giornalisti si preoccupano per i danni morali che provocano quando pubblicano notizie faziose o distorte della realtà, perché dopo la pubblicazione del rapporto dell’ONU, non c’è stato un solo giornalista in Italia a smentire quello che avevano scritto per discreditare padre Benjamin.
Devo confessare che in realtà, padre Benjamin, è stato il più sciocco, direi anche il più stupido, perché le allocazioni di petrolio, anche a privati, erano perfettamente legali e conformi alle normative ONU sull’embargo all’Iraq. Tutte le allocazioni che sono state comprate dalle società petrolifere sono state INTERAMENTE pagate all’Iraq e non a chi aveva ricevuto le allocazioni, come l’hanno fatto credere alcuni giornalisti. E la commissione al broker (divisa a metà con chi aveva ricevuto l’allocazione) sono state tutte pagate dalle compagnie petrolifere, non dall’Iraq.
Questa è la realtà: all’Iraq è stato pagata l’intera somma di tutte le allocazione di petrolio e le commissioni (come accade in tutte le Borse nel mondo) sono state pagate dalle compagnie e non dall’Iraq.
La prova che tutta la questione delle allocazioni di petrolio era legale è che fino ad oggi nessuno di quelli che hanno ricevuto allocazioni di petrolio (e sono centinaia) sono stato processati o condannati. Invece hanno incassato, legalmente, le commissioni versate dalle Compagnie petrolifere.
Un capo lavoro straordinario
Per concludere, e ti ringrazio di avermi letto fino a qui, vorrei cogliere l’occasione per fare un piccolo bilancio all’indomani della “liberazione” del popolo iracheno:
- Saddam Hussein, che era uno scudo contro la Repubblica Islamica dell’Iran è stato tolto e si è instituita in Iraq una Repubblica Sciita su modello Iraniano, con grande gioia di Teheran e degli Hezbollah, che ringraziano.
- Mentre cercavano in Iraq inesistenti armi di distruzione di massa, l’Iran, tranquilla e serena, costruiva le sue centrali nucleari. Questo è uno degli aspetti più interessanti.
- Con la nuova e democratica Repubblica Sciita irachena le donne devono rimettere il velo e i negozi cristiani che vendevano alcool hanno dovuto chiudere.
- Oltre 400.000 cristiani hanno lasciato l’Iraq. Molti preti, suore e religiosi sono stati ammazzati. L’Iraq, dal 1150 era un esempio di dialogo tra Cristiani e Musulmani. Sono stati distrutti nove secoli di dialogo e coabitazione inter-religiosa.
- Il laico Saddam Hussein odiava Osama Bin Laden e non tollerava gli estremisti islamici sul territorio iracheno. Reciprocamente, Bin Laden detestava Saddam Hussein, il quale aveva puro un Vice primo ministro cristiano: Tareq Aziz.
- Il Pentagono ha dichiarato per tre volte (dal 2004 ad oggi) che l’Iraq non era implicata nei attentati dell’11 settembre e non aveva relazioni con Al Qaeda. Nel 2005, George W. Bush, in una intervista su una rete televisiva americana ha dichiarato che l’Iraq non c’entrava niente con l’11 settembre. Fantastica rivelazione, dopo aver pronunciato, prima dell’invasione militare dell’Iraq nel marzo 2003, esattamente 232 interventi e discorsi pubblici con bugie e false dichiarazioni!
- Ho a disposizione di Articolo 21 e dei giornalisti, una lista dei nomi di oltre 400 professori di università ed insegnanti che sono stati assassinati (dal 2003 ad oggi) all’uscita della scuola o dell’università, anche a casa loro, perché criticavano durante le lezioni il governo iracheno o l’occupazione militare dell’Iraq. Ammazzati da chi? Risposta: dai cosiddetti “Commandi della Morte”, forze para-militari organizzate dal Ministero dell’Interno. Lo stesso Ministero che recentemente è saltato in aria. Guarda caso!
- Voi sapere cosa è successo durante le ultime democratiche elezioni in Iraq? Questo, se vuoi, te lo dirò a voce; non vorrei ritrovarmi con un “Commando” sotto casa.
- Non hanno fatto il processo a Saddam Hussein per il massacro dei Curdi di Halabja e non si è saputo niente del processo di Alì il chimico! In realtà, esiste un’inchiesta ufficiale: il rapporto presentato al Congresso americano nel 1989. Rapporto di 97 pagine realizzato dal Strategic Studies Institute dell’U.S. Army War College di Pennsylvania e condotta da Stephen C. Pelletiere (Civile), Douglas V. Johnson II (Esercito), Leif R. Rosenberger (Esercito), con analisi dei tessuti umani delle vittime in laboratorio dell’Istituto militare americano. E’ stato molto difficile trovare e procurarsi una copia di questo rapporto, perché all’indomani della guerra del Golfo, nel 1991, questo rapporto sull’inchiesta di Halabja è sparito delle pubblicazioni dell’ U.S Army War College (ufficialmente per Sicurezza dello Stato). Strano, chissà perché! In realtà, l’inchiesta ( e cioè il Rapporto presentato al Congresso) rivela che non è stata l’Iraq autore della strage di Halabja.
- Infine, il bilancio: con l’embargo contro l’Iraq, dal 1991 al 2003, 1.600.000 morti (rapporto dell’ONU). Dall’invasione americana del 2003 ad oggi, oltre un milione di morte (British Polling Agency di Londra). Totale: 2.600.000 morti e milioni di feriti. La libertà non ha prezzo.
E’ bello, è importante, è doveroso parlare e difendere la liberta dell’informazione, ma è solo la Verità che rende l’uomo libero.
Ti saluto cordialmente.
Jean-Marie Benjamin
Assisi, 4 febbraio 2010
www.jmbenjamin.org